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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
Istituto Superiore di Sanità - EpiCentro

Incontro coordinamento nazionale (Roma, 27-28 giugno 2013)

Seconda giornata: Etica della sorveglianza in sanità pubblica

 

11 luglio 2013 - L'incontro è stato diviso in due parti: la prima in cui esaminare i presupposti di una sorveglianza di popolazione in sanità pubblica dal punto di vista dell'etica, insieme alle procedure da adottare per rispettare, nella forma e nella sostanza, i diritti dei cittadini alla riservatezza. La seconda parte rivolta all'analisi del DL 179/2012 (pdf 75 kb) che ha individuato l'iter per l'istituzione di registri e sorveglianze.

 

Carlo Petrini, responsabile dell'Unità di bioetica dell'Istituto superiore di sanità, ha illustrato le origini della bioetica, che si è sviluppata prevalentemente affrontando i problemi posti dalla clinica e dalla sperimentazione clinica, e ha evidenziato le sfide che si pongono nell’applicarla alla sanità pubblica, con particolare riferimento alla sorveglianza. La relazione ha fornito sia informazioni sui modelli culturali di riferimento, sia la proposta di alcuni criteri utilizzabili nella pratica per valutare e giustificare Passi sotto questo profilo. Questa riflessione è alla base dell'articolo, dello stesso Petrini, “Ethics in public health surveillance” (pdf 263 kb), successivamente pubblicato sugli Annali dell’Istituto Superiore di Sanità (vol 49, n. 4).

 

La seconda relazione di Virgilia Toccaceli (pdf 995 kb), ricercatrice del Cnesps e referente per la Direzione del Centro per i problemi di privacy nelle attività epidemiologiche, ha trattato le procedure seguite dalle Asl nella pratica per garantire il pieno rispetto del codice della privacy. È stato possibile identificare gli aspetti che giustificano, da un punto di vista legale, il trattamento dei dati personali da parte della Asl, ma anche quelli che devono essere tenuti sotto stretto controllo perché potrebbero rivelarsi più problematici. Per esempio, bisognerà rendere più chiara l'informativa che viene affissa nei locali della Asl e definire meglio che cosa si può chiedere ai medici di famiglia, o alle anagrafi comunali o ad altri soggetti detentori di informazioni utili con cui il sistema collabora.

 

Stefano Campostrini (pdf 874 kb) Direttore del dipartimento di statistica dell'Università di Venezia e membro del Gruppo tecnico Passi, ha messo in luce gli aspetti che caratterizzano la sorveglianza e la sua missione di supporto ai programmi di prevenzione e controllo delle malattie croniche non trasmissibili.

 

Con questa relazione l'incontro è passato ad affrontare un tema di grande attualità. Antonio Federici (pdf 959 kb), della Direzione generale Prevenzione sanitaria del ministero della Salute ha delineato il percorso che condurrà al riconoscimento delle sorveglianze come attività ordinarie del Ssn. Quali sorveglianze saranno istituite? Questo sarà deciso da un accordo Stato-Regioni, ma per mettere a disposizione di coloro che devono prendere le decisioni una base di fatti, il Ccm ha affidato all'Università di Torino un progetto per rilevare quali sono le attività in corso in Italia e quali i bisogni conoscitivi.

 

Elisabetta Versino (pdf 1,7 Mb), dell'Università di Torino ha riportato l'impostazione del progetto su “registri e sorveglianze” e lo stato di avanzamento.

 

Anche la seconda giornata si è si è conclusa con una tavola rotonda cui hanno preso parte qualificati rappresentanti regionali: Emanuela Bedeschi, per la Regione Emilia Romagna, Roberto Carloni per la Regione Liguria, Maria Donata Giaimo per la Regione Umbria e Renato Pizzuti per la Regione Campania.

 

La discussione ha affrontato diversi aspetti, sia quelli legati al percorso innescato dal DL 179/2012, sia quelli più generali ricavabili dall’esperienza di quasi sette anni di sorveglianza. Di seguito una sintesi dei punti su cui si è articolato il dibattito.

 

Le Regioni non hanno ancora avviato una riflessione approfondita in merito a quali registri e sorveglianze dovranno essere incardinati nel sistema sanitario, come richiesto dal decreto. Tuttavia la riflessione dovrà prendere le mosse da alcuni punti caratterizzanti: dovranno essere sistemi indirizzati alla disponibilità di informazioni per la programmazione e la politica sanitaria, piuttosto che alla ricerca e non dovranno richiedere risorse aggiuntive.

Quest’ultima caratteristica è cruciale e non solo per il problema della riduzione delle risorse: in alcuni casi, infatti, le fasi di avvio delle sorveglianze sono state incentivate, ma questo sul lungo periodo deve essere evitato, proprio perché è importante che queste attività assumano un carattere ordinario come le altre pratiche svolte dalle Asl, pena, altrimenti, il rischio di marginalizzazione e aleatorietà. Il processo di riconoscimento istituzionale si fonda proprio sul far rientrare le sorveglianze e i registri tra le risorse strategiche delle Regioni per la programmazione sanitaria. In alcune Regioni alcune sorveglianze – e Passi tra queste – funzionano già come attività ordinarie, ma l’obiettivo non è stato ancora raggiunto da tutte le realtà locali.

 

Sul fronte delle criticità c'è comunque da rilevare la minaccia rappresentata dal blocco del turnover e dal sovraccarico degli operatori. Per esempio, la Regione Campania ha perso circa 8000 unità di personale a causa dell'attuazione del piano di rientro dal deficit: è difficile immaginare come farsi carico di attività aggiuntive. Né il blocco del turnover riguarda solo le Regioni interessate dal piano di rientro. D’altra parte per il personale impegnato nella sorveglianza sembrano esistere due possibili condizioni: svolgere anche altre attività routinarie, oppure costituire un gruppo dedicato. L’una e l’altra soluzione sembrano avere pregi e difetti, la cosa importante, tuttavia, è che la sorveglianza nel suo complesso sia messa a sistema in tutte le Regioni. Poiché su questo obiettivo esistono ancora ampi spazi di miglioramento, il percorso innescato dal decreto appare come un’occasione di importanza fondamentale su cui sarà cruciale l’atteggiamento assunto al tavolo di confronto Stato-Regioni.

 

La riflessione dovrà riguardare anche i sistemi da istituire: i registri tumori, per esempio, coprono solo alcuni territori, verrà ora istituito un registro nazionale? Nel caso, si tratta di una scelta saggia? Per ora mancano indicazioni in un senso e nell’altro.

Inoltre l'esperienza di questi anni nel campo dei registri e delle sorveglianze esistenti, faticosamente messi in piedi, insegna che l'elemento essenziale è quello umano: cioè la qualità e la dedizione del personale. Allora è importante che, qualunque siano le scelte organizzative, il personale coinvolto nelle sorveglianze si senta parte di un sistema finalizzato alla salute del Paese. La sorveglianza non è solo una questione di dati, ma anche di metodologie che sono state messe a punto, ma soprattutto sono state apprese dagli operatori, cosicché in tutta Italia l'infrastruttura della sorveglianza nei Dipartimenti di prevenzione rappresenta un patrimonio per la promozione della salute. Purtroppo non sempre ci si rende conto di quale ricchezza dispone la sanità pubblica già oggi.

 

Un ultimo tema affrontato è stato quello relativo all'uso dei dati: nonostante che tutte le Regioni, seppure con tempi di maturazione e modalità diverse, stiano portando avanti con i Dipartimenti di prevenzione il sistema Passi, a volte quella che sembra mancare è soprattutto la cultura del dato, o addirittura la stessa attività programmatoria della Regione, quantomeno per quanto riguarda gli obiettivi di salute.

 

Una nota di ottimismo, tuttavia, arriva dal livello di maturazione raggiunto dal sistema Passi e dal network che lo supporta. Nei prossimi mesi sarà importante che tutti giochino la partita al meglio e in tutti i tavoli possibili.

 

Leggi anche il resoconto della prima giornata di workshop.