Dati epidemiologici
Mortalità perinatale
Definizioni
Tasso di mortalità neonatale: è il rapporto tra il numero dei neonati
morti entro 28 giorni dalla nascita in un dato intervallo di tempo e i
nati vivi nello stesso intervallo di tempo, moltiplicato per mille.
Tasso di mortalità neonatale precoce: è il rapporto tra il numero dei
neonati morti entro 7 giorni dalla nascita in un dato intervallo di
tempo e i nati vivi per mille nello stesso intervallo di tempo.
Tasso di natimortalità: è il rapporto tra il numero dei nati morti*
(stillbirth) in un dato intervallo di tempo e il totale dei nati (nati
morti e nati vivi) nello stesso intervallo di tempo, moltiplicato per
mille. Per i confronti internazionali l’Oms include solo i feti nati
morti con un peso alla nascita pari o superiore a 1000 grammi o di 28 o
più settimane di gestazione (nati morti tardivi).
Tasso di mortalità perinatale (Perinatal mortality rate, Pmr): è il
rapporto tra il numero dei nati morti* (stillbirth) sommato al numero
dei neonati morti entro i primi 7 giorni di vita in un dato intervallo
di tempo e il totale dei nati (nati morti e nati vivi) nello stesso
intervallo di tempo, moltiplicato per mille. Per i confronti
internazionali l’Oms include solo i feti nati morti con un peso alla
nascita pari o superiore a 1000 grammi o di 28 o più settimane di
gestazione (nati morti tardivi).
*[L’età gestazionale dalla quale si definisce il nato morto è diversa
nei diversi Paesi (in Italia da 25+5 settimane gestazionali)]
La riduzione di oltre il 50% della mortalità sotto i 5 anni registrata a
livello globale negli ultimi 25 anni ha rappresentato un successo senza
precedenti [1]. Nello stesso periodo la mortalità neonatale è diminuita più
lentamente, tanto che, se nel 1990 le morti entro i primi 28 giorni di vita
erano il 37,4% di quelle entro i primi 5 anni, nel 2016 rappresentavano ben
il 46% [2-3]. Secondo l’Oms, nel 2016, 2,6 milioni di neonati sono morti
entro il primo mese di vita, il 75% entro la prima settimana dalla nascita.
Alla luce di queste osservazioni la mortalità neonatale e la mortalità
neonatale precoce sono state poste al centro delle politiche internazionali
orientate ad azzerare la mortalità infantile evitabile. Parallelamente è
cresciuta la consapevolezza dell’importanza della natimortalità, ignorata
dai Millennium Development Goals: secondo le stime dell’Oms nel 2015 i nati
morti nel mondo sono stati 2,6 milioni, il 98% dei quali nei Paesi a basso e
medio reddito parto [4].
Il tasso di mortalità perinatale (Pmr, perinatal mortality rate) secondo
la definizione dell’Oms è un indicatore chiave dell’assistenza sanitaria al
neonato che, mettendo insieme i nati morti tardivi e la morte neonatale
precoce, è in grado di riflettere direttamente la qualità dell’assistenza
prenatale, al parto e dopo la nascita (vedi Figura1). In molti Paesi le
statistiche sanitarie correnti non consentono di ottenere una stima
affidabile di questo indicatore.
Figura 1. La definizione di morte perinatale rispetto agli esiti della
gravidanza
La definizione di nato morto
La definizione di “nato morto” (stillbirth) è diversa a livello
internazionale. In base alla legislazione italiana il nato morto è definito
come il feto partorito senza segni di vita dopo il 180esimo giorno di
amenorrea (>25+5 settimane gestazionali). Negli Usa e in Canada, per
esempio, la definizione comprende le morti fetali a partire da 20 settimane
di età gestazionale, in Finlandia da 22 settimane e nel Regno Unito da 24.
L’Oms ha recentemente raccomandato, per i confronti internazionali, di
utilizzare il termine “nato morto” (stillbirth) per definire il feto
partorito, o estratto dalla madre, senza segni vitali con un’età
gestazionale di 28 settimane o più, facendo quindi coincidere la propria
definizione di nato morto con quella di morte fetale tardiva fornita
dall’ICD-10 (International Statistical Classification of Diseases, Injuries
and Causes of Death, ICD, classificazione internazionale delle malattie,
incidenti e cause di morte). I dati di mortalità fetale pubblicati da
Euro-Peristat nell’ultimo rapporto (2010) sono presentati secondo
definizione dell’Oms.
Risorse utili
- You D, Hug L, Ejdemyr S et al. (UN IGME).
Global, regional, and national levels and trends in under-5
mortalitybetween 1990 and 2015, with scenario-based projections to 2030:
a systematic analysis by the UN Inter-agency Group for Child Mortality
Estimation. Lancet 2015;386(10010):2275-86.
- Lawn JE, Blencowe H, Waiswa P,
Amouzou A, Mathers C, Hogan D, Flenady V, FrøenJF, Qureshi ZU,
Calderwood C, Shiekh S, Jassir FB, You D, McClure EM, Mathai M, Cousens
S; Lancet Ending Preventable Stillbirths Series study group; Lancet
Stillbirth Epidemiology investigator group. Stillbirths: rates, risk
factors, and acceleration towards 2030. Lancet 2016;387(10018):587-603.
- WHO,
Newborns:
reducing mortality.
- La Serie di The Lancet “The
Ending Preventable Stillbirth” e l’articolo: “Stillbirths:
recall to action in high-income countries” (pdf 431 kb). Leggi anche
l’approfondimento
su EpiCentro.
30 novembre 2017 - Dal 2011, le fonti utilizzate dall’Istat per la stima del tasso di
mortalità perinatale sono la rilevazione mensile degli eventi
demografici di stato civile D7a- Health for All e l’Indagine sulle
cause di morte per Regione di evento. Il numero di nati morti rilevati
tramite queste fonti non coincide con quello desunto dalla fonte del
Certificato di assistenza al parto (Cedap): nel 2013 il flusso dei Cedap e
quelli dell’Istat hanno registrato un numero di nati morti pari
rispettivamente a 1236 e 1362 casi.
Relativamente alla mortalità perinatale l’Istat ha stimato per l’anno
2013 un tasso nazionale pari a 4,1 morti per 1000 nati, evidenziando una
notevole variabilità per area geografica (con un tasso pari a 4,7/1000 in
Sicilia e 3,6/1000 in Lombardia).
Nella Serie di The Lancet “The Ending Preventable Stillbirth” è
emerso che l’Italia non è in grado di fornire dati sulle cause di morte per
oltre il 50% dei nati morti tardivi [1].
Il sistema di sorveglianza coordinato dall’Iss studia la mortalità
perinatale, che include sia i nati morti tardivi (stillbirth ante-partum
e intra-partum;≥28 settimane) che i casi di morte neonatale precoce
(nati vivi, morti entro il settimo giorno di vita). Il sistema consentirà di
disporre di un dato univoco validato, utile ai confronti a livello nazionale
e internazionale e renderà disponibili informazioni sulle cause di morte dei
casi segnalati.
Risorse utili
- Lawn JE, Blencowe H, Waiswa P, Amouzou A, Mathers C, Hogan D,
Flenady V, FrøenJF, Qureshi ZU, Calderwood C, Shiekh S, Jassir FB, You
D, McClure EM, Mathai M, Cousens S; Lancet Ending Preventable
Stillbirths Series study group; Lancet Stillbirth Epidemiology
investigator group. Stillbirths: rates, risk factors, and acceleration
towards 2030. Lancet 2016;387(10018):587-603
30 novembre 2017 - Secondo il rapporto Euro-Peristat 2010 [1], in Europa, la mortalità fetale e
neonatale sono molto variabili da Paese a Paese. Circa un terzo delle morti
fetali e il 40% circa dei decessi neonatali riguarda i nati prima della
28esima settimana di gestazione o con peso alla nascita inferiore a 1000
grammi. Il 61-85% delle morti neonatali avvengono entro la prima settimana
con un’incidenza che varia da 2 eventi per 1000 nati vivi (Islanda,
Repubblica Ceca) a più di 4 per 1000 nati vivi (Belgio con l’area di
Bruxelles, Francia, Lettonia, Romania, Regno Unito). Rispetto alla
rilevazione del 2004, si osserva in tutti i Paesi una riduzione dei decessi
(in media ~19%).
Il progetto Euro-Peristat, avviato nel 1999, ha l’obiettivo di fornire
informazioni sulla salute di madre e bambino in epoca perinatale.
Attualmente raccoglie i dati provenienti da 29 Paesi europei grazie a una
rete internazionale di esperti coordinata dall’Inserm (Institut national de
la santé et de la recherche médicale) di Parigi. Per la valutazione della
salute perinatale vengono utilizzati 30 indicatori (10 prioritari e 20
raccomandati, distribuiti su 4 temi: salute fetale, neonatale e infantile,
salute materna, caratteristiche della popolazione e fattori di rischio,
servizi sanitari).
Secondo uno studio pubblicato nella serie di The Lancet “Ending
Preventable Stillbirths” relativo ai Paesi a reddito elevato [2], la
variabilità del tasso di natimortalità in questi Paesi (sia europei che
extraeuropei) evidenzia il persistere di diseguaglianze meritevoli di
attenzione. Le donne con una condizione di svantaggio socioeconomico hanno
un rischio doppio di andare incontro a una morte fetale tardiva. La stima
del tasso medio di natimortalità a ≥28 settimane di gestazione è pari a 3,5
per 1000 nati vivi: i tassi specifici per Paese variano tuttavia da 1,3 in
Islanda a 8,8 in Ucraina. Dal 2000 al 2015, la diminuzione annuale del tasso
di natimortalità è stata molto variabile, 8 Paesi hanno avuto una riduzione
inferiore all’1% e 5 Paesi una riduzione superiore al 4%.
Risorse utili
- il rapporto Euro-Peristat. “The
European Perinatal Health Report 2010. Health and care of pregnant women
and babies in 2010”
- la Serie di The Lancet “The
Ending Preventable Stillbirth” e l’articolo: “Stillbirths:
recall to action in high-income countries” (pdf 431 kb). Leggi anche
l’approfondimento
su EpiCentro.
15 ottobre 2020 - Secondo dati dell’Organizzazione mondiale
della sanità (Oms), si stima che nel mondo 2,6 milioni di bambini muoiano in
utero, il 98% nei paesi a basso e medio sviluppo economico. Circa 800 mila
avvengono durante il travaglio (intra-partum). La maggior parte di queste
morti avviene per causa sconosciuta, in assenza di anomalie fetali e fattori
di rischio preesistenti. Il fenomeno è più diffuso nei paesi a basso
reddito, questo indica che una percentuale consistente di casi sia
prevenibile. Le cause principali della natimortalità includono le
complicazioni del travaglio e del parto alla nascita più spesso associate
alla gravidanza post-termine, le infezioni materne in gravidanza (malaria,
sifilide e HIV), alcune condizioni materne (ipertensione, obesità e
diabete), la restrizione di crescita fetale e le anomalie congenite.
Secondo quanto riportato nel report “A Neglected Tragedy: The Global
Burden of Stillbirths”, nel mondo, ogni 16 secondi nasce un bambino morto,
per un totale di due milioni l’anno.
Di questi, l’84% si è verificato nei Paesi a reddito medio-basso. I dati
mostrano inoltre una notevole variabilità tra aree geografiche. La stima
della natimortalità globale per il 2019 è pari a 13,9 per 1000 nati, a
fronte del 21,4 per 1000 del 2000, con una riduzione annuale del tasso del
2,3%. Il declino è meno marcato rispetto a quello della mortalità materna
(riduzione annua del 2,9%), neonatale (2,9%) e post neonatale tra 1 e 59
mesi (4,3%). L’obiettivo globale fissato dal piano d’azione “Every Newborn”
di arrivare a 12 nati morti per 1000 nati vivi entro il 2030, è stato
raggiunto già da 94 Paesi, principalmente a reddito alto e medio alto. La
stima delle morti intra-partum (dopo l’avvio del travaglio ma prima della
nascita), è di circa 830 mila in un anno nel mondo e riguarda i decessi più
frequentemente evitabili.
La distribuzione geografica indica che la maggiore incidenza riguarda
soprattutto i Paesi a basso e medio reddito (84%): nel 2019, i tre quarti
dei casi sono stati registrati nell’Africa Sub-Sahariana e nell’Asia
meridionale. Tuttavia, nel 2019 in 39 Paesi ad alto reddito il numero di
bambini nati morti è stato superiore a quello totale dei morti in età
infantile. Uno dei fattori maggiormente discriminanti per la morte in utero
è il livello di educazione della futura madre e, indipendentemente dalla
ricchezza del Paese, il fenomeno è più frequente nelle aree rurali rispetto
a quelle urbane. All’interno dei singoli Paesi, l’incidenza è maggiore nella
popolazione a maggior rischio di deprivazione socio-economica. Ne è un
esempio il Nepal, dove le donne delle classi più svantaggiate hanno tassi
più alti del 40-60% rispetto alle donne delle classi elevate. Inoltre, nei
Paesi ad alto reddito le minoranze etniche possono avere difficoltà ad
accedere a servizi sanitari di qualità: è il caso degli Inuit in Canada
(rischio tre volte superiore rispetto alle altre canadesi) e delle donne
afro-americane negli Stati Uniti (rischio doppio).
Risorse utili