Il progetto sul disagio psichico perinatale
Le morti materne tardive, che si verificano dopo i 42 giorni ma entro i 365 dall’esito della gravidanza, non sono diminuite nell’ultimo decennio a livello globale, a differenza di quelle in gravidanza e puerperio [1]. Anche in Europa, dove la mortalità materna precoce da cause ostetriche si è ampiamente e progressivamente ridotta negli ultimi 50 anni, le morti materne tardive, in gran parte causate da malattie preesistenti o insorte durante la gravidanza e non dovute a cause ostetriche dirette, non sono diminuite e rappresentano quindi una proporzione sempre più considerevole dei decessi correlati alla gravidanza.
I disturbi mentali durante la gravidanza e dopo il parto sono frequenti: i disturbi d’ansia e quelli depressivi colpiscono rispettivamente circa il 13% e il 12% delle donne durante la gravidanza, con frequenza e decorso analoghi a quelli riscontrati in altri momenti della vita della donna [3, 4]. La prevalenza del disturbo depressivo nel primo anno dopo il parto è stimata fra il 10% e il 15% [5, 6]. I disturbi mentali più gravi, fra i quali il disturbo bipolare e il disturbo depressivo grave con sintomi psicotici, sono invece molto più rari (1-2/1000 parti). Tuttavia, il rischio di sviluppare per la prima volta uno di questi disturbi – che si associano a grave morbosità e mortalità materna per suicidio – è più elevato nei primi tre mesi dopo il parto che in qualsiasi altro momento della vita di una donna [7, 9].
L’esperienza del Regno Unito
Il sistema di sorveglianza della mortalità materna basato su indagini confidenziali del Regno Unito ha evidenziato che le morti materne per suicidio riguardano prevalentemente donne che non hanno potuto avvalersi di un trattamento specialistico adeguato e tempestivo [10]. Anche alla luce di questi risultati il National Institute for Health and care Excellence (Nice) ha pubblicato raccomandazioni per i professionisti del percorso nascita e della salute mentale che sottolineano l’importanza di una valutazione complessiva della salute fisica e mentale della donna durante e dopo la gravidanza [8]. Un recente rapporto del sistema di sorveglianza inglese, dedicato all’approfondimento delle morti materne da cause psichiatriche, ha riscontrato che in circa la metà dei 105 casi di morte per suicidio sottoposti a indagine confidenziale la presa in carico era suscettibile di miglioramenti, che avrebbero potuto modificare l’esito [2]. L’assenza di comunicazione e di continuità delle cure fra medicina generale, servizi per la maternità e per la salute mentale, la mancata valutazione anamnestica dei problemi di salute mentale e l’incapacità di apprezzare la gravità del problema sono state individuate fra le criticità più frequenti nella gestione di questi casi (ibidem). L’esperienza del Regno Unito suggerisce pertanto che tramite un’azione coordinata, che coinvolga diversi servizi sanitari, il 50% delle morti per suicidio potrebbe essere evitato.
La disponibilità di dati più completi e affidabili sulla salute mentale perinatale a livello globale ed europeo è di fondamentale importanza per valutare la reale entità del problema e per guidare la progettazione di interventi mirati a prevenire le morti materne dovute a suicidio o altre cause psichiatriche, da mettere in atto già durante la gravidanza [1].
I dati della sorveglianza
La sorveglianza della mortalità materna Iss-Regioni tra il 2006 e il 2012 ha rilevato 226 decessi materni tardivi in 8 Regioni, con un corrispondente rapporto di mortalità materna pari a 7,9 per 100.000 nati vivi. I suicidi sono il 22%, al secondo posto dopo le neoplasie come causa dei decessi avvenuti tra i 43 e i 365 giorni dall’esito della gravidanza.
Sono stati inoltre individuati 31 casi morte violenta di donne in gravidanza o entro un anno dal suo termine per le quali, pur integrando due diverse fonti di dati (schede di morte e Sdo), è stato impossibile attribuire la causa di morte a omicidio, suicidio o incidente: 31 giovani donne morte prematuramente e in modo violento, che hanno lasciato dietro di loro una famiglia per le quali non si è riusciti a stabilire neppure perché siano morte.
Secondo quanto previsto dalla sorveglianza, che realizza progetti di ricerca e interventi sulle principali cause di mortalità e morbosità materna grave e sulle criticità individuate per la prevenzione dei decessi evitabili, Itoss, in collaborazione con l’Emilia-Romagna, ha messo a punto un progetto di “Intervento per il riconoscimento del disagio psichico perinatale e il sostegno alla maternità e paternità fragile da parte della rete dei servizi del percorso nascita e delle cure primarie”.
Il progetto
Il progetto, avviato nel 2016 grazie a un finanziamento del ministero della Salute-Ccm, è stato coordinato dalla regione Emilia-Romagna e ha coinvolto, oltre alla sorveglianza ostetrica Itoss, le Regioni Piemonte, Toscana, Lazio, Campania e Sicilia.
Le attività progettuali, concluse nel 2018, si sono articolate in due parti:
- uno studio retrospettivo che, tramite un record-linkage di flussi informativi sanitari, ha raccolto informazioni sulla storia clinica delle donne morte per suicidio, uso di sostanze, omicidio o causa non nota con sospetto di morte violenta, già individuate dal sistema di sorveglianza della mortalità materna
- uno studio prospettico, che ha avuto l’obiettivo di mettere a punto e valutare la fattibilità di un intervento per il riconoscimento del disagio psichico perinatale e dei fattori di rischio psicosociali da parte dei professionisti della rete dei servizi del percorso nascita e delle cure primarie.
Lo studio retrospettivo
Lo studio retrospettivo è stato coordinato da Itoss e ha riguardato 65 casi di morte per suicidio, uso di sostanze, omicidio o causa non nota con sospetto di morte violenta. Tramite un protocollo elaborato ad hoc ciascuna Regione ha reperito informazioni sulla storia clinica pregressa delle donne decedute utilizzando, secondo la propria disponibilità, 5 diversi fonti di dati: Sdo, sistema informativo delle prescrizioni di farmaci, specialistica ambulatoriale, sistema informativo per gli accessi in pronto soccorso, sistema informativo della salute mentale. Sono stati così individuati i precedenti ricoveri per causa psichiatra o per disturbi da uso di sostanze, traumatismi, avvelenamento; le precedenti prescrizioni di farmaci attivi sul Sistema nervoso centrale (Snc); le prestazioni presso i servizi territoriali psichiatrici; gli accessi in Pronto soccorso (PS) per quadri psichiatrici acuti, tentato suicidio, violenza. Parallelamente, per accertare la causa di morte dei casi con sospetto di morte violenta, basandosi anche su modelli di indagine applicati dal 1990 a livello nazionale per l’approfondimento dei casi di femminicidio [11] è stata messa a punto una strategia di ricerca tramite parole chiave per la ricerca di informazioni da fonti disponibili on line. Per la maggior parte di questi casi infatti l’approfondimento tramite dati sanitari non è stato sufficiente ad attribuire con certezza la causa di morte. Le analisi dei dati raccolti, sono state orientate a tracciare un profilo clinico delle donne a rischio di morte per causa violenta in epoca perinatale, per le quali in Italia le informazioni disponibili sono scarse e frammentarie.
Lo studio prospettico
Lo studio prospettico è stato coordinato dalla Regione Emilia-Romagna e coinvolge quattro Asl delle Regioni Piemonte, Emilia-Romagna, Lazio e Sicilia. Si è trattato della realizzazione di un intervento volto ad aumentare la consapevolezza degli operatori sanitari sul ruolo chiave giocato dai professionisti delle cure primarie per il riconoscimento precoce e l’appropriata presa in carico di un eventuale disturbo psichico o di un disagio psicosociale perinatale. Tramite una revisione di letteratura, alla quale ha collaborato Itoss, sono stati definiti gli strumenti di valutazione e le buone pratiche evidence based da adottare per l’identificazione e la presa in carico del disagio psicosociale e psichico perinatale nel setting del percorso nascita e delle cure primarie. È stata inoltre effettuata un’analisi della rete socio assistenziale e dei bisogni formativi e organizzativi dei professionisti dei servizi coinvolti sulla base della quale è stato messo a punto un programma di formazione multiprofessionale ancorato alle necessità specifiche delle Asl partecipanti, già realizzato presso l’Ausl di Bologna e la Asl Roma 2. L’intervento ha previsto:
- la valutazione anamnestica dei problemi di salute mentale
- la raccolta di informazioni su fattori di rischio psicosociale
- la valutazione dello stato emotivo della donna mediante due semplici domande a risposta sì/no sull’eventuale presenza di umore depresso o anedonia (“domande di Whooley”) al primo colloquio, negli incontri successivi durante la gravidanza e fino a quattro mesi dopo il parto.
L’intervento è stato disegnato in modo tale da poter essere realizzato in differenti contesti del percorso nascita e delle cure primarie (consultorio familiare, ambulatorio ospedaliero della gravidanza a termine, ambulatorio del pediatra di libera scelta), da diverse figure professionali sanitare, durante la gravidanza e prima o dopo il parto.
Le strategie proposte per il riconoscimento – con l’eccezione delle domande di Whooley che, sebbene raccomandate dal Nice in ambito perinatale, sono state in passato poco utilizzate in Italia – corrispondono a buone pratiche cliniche già in uso presso le Asl partecipanti; lo studio ha mirato a renderne l’utilizzo sistematico e omogeneo nei diversi servizi, valorizzando risorse e competenze già esistenti.
Per ciascun contesto nel quale l’intervento è stato applicato (consultorio in gravidanza, consultorio dopo il parto, ambulatorio ospedaliero della gravidanza a termine) è stato messo a punto uno specifico protocollo che ha previsto i seguenti elementi comuni:
- nel caso in cui la valutazione evidenzi una diagnosi pregressa o un sospetto clinico di disturbo mentale grave alla donna, se non già in contatto con un professionista della salute mentale, viene offerta una consulenza ad opera dei professionisti di riferimento precedentemente individuati presso il servizio di salute mentale
- nel caso di positività delle domande di Whooley e/o di presenza di fattori di rischio psicosociale alla donna viene proposto un colloquio clinico di approfondimento da parte di un operatore sanitario delle cure primarie e, se necessaria, la definizione di interventi appropriati a livello di equipe anche inter-servizi (psicologo, assistente sociale, psichiatra).
Leggi i risultati dello studio retrospettivo sui suicidi materni e la descrizione dell’esperienza della AUSL di Bologna, che ha implementato l’intervento per il riconoscimento del disagio psichico perinatale e sostegno alla maternità fragile nei servizi del percorso nascita.
Bibliografia
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- Cantwell R, Knight M, Oates M, Shakespeare J, on behalf of the MBRRACE-UK mental health chapter writing group. Saving lives, lessons on maternal mental health. In: Knight M, Tuff nell D, Kenyon S, Shakespeare J, Gray R, Kurinczuk J, eds. Saving lives, improving mother’s care—surveillance of maternal death in the UK 2011–13 and lessons leared to inform maternity care from the UK and Ireland Confidential Enquiries into Maternal Deaths and Morbidity 2009–13. Oxford: National Perinatal Epidemiology Unit, University of Oxford, 2015: 22–41.
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