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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
Istituto Superiore di Sanità - EpiCentro

L’infezione da SARS-CoV-2 in gravidanza: studio prospettico dell’Italian Obstetric Surveillance System (ItOSS)

Con l’adesione di tutte le Regioni e Province Autonome italiane, il 25 marzo 2020, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha avviato lo studio osservazionale di coorte “L’infezione da SARS-CoV-2 in gravidanza e in puerperio: studio dell’Italian Obstetric Surveillance System” con l’obiettivo di rilevare e analizzare i casi di infezione da virus SARS-CoV-2 nelle donne che, in gravidanza e in puerperio, giungono all’osservazione dei presidi sanitari al fine di produrre conoscenza utile alla pratica clinica.

 

Nella PA di Trento e nelle Regioni Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Campania il progetto prevede anche la raccolta di campioni biologici materni, fetali e annessiali per la ricerca del virus e lo studio delle possibili vie di trasmissione materno-fetale dell’infezione.

 

Con la pubblicazione di due articoli, uno sugli Annali dell’Istituto Superiore di Sanità e uno su BJOG, sono state aggiornate le informazioni relative alla prima raccolta dati. Per prendere in esame una popolazione omogenea per quel che riguarda il timing dell’infezione da SARS-CoV-2, sono state analizzate solo le donne con diagnosi entro 7 giorni dal ricovero; di queste, 2.550 lo hanno contratto durante la circolazione del ceppo virale originario (dal 25 febbraio 2020 al 31 gennaio 2021) e 756 durante il periodo caratterizzato dalla predominanza della variante Alfa (dal 1° febbraio al 30 giugno 2021). Il 64,3% dei casi non ha mostrato alcun sintomo mentre il 12,8% ha sviluppato una polmonite da COVID-19. In linea con quanto emerso dalla prima analisi dei dati, l’occorrenza di polmonite è risultata maggiore tra le donne con età ³30 anni, con cittadinanza non italiana, con precedenti comorbosità, compresa l’obesità. In un quarto delle donne con polmonite è stata necessaria la ventilazione meccanica e/o il ricovero in terapia intensiva, con una occorrenza di oltre tre volte maggiore nel periodo della variante Alfa rispetto al ceppo originario (odds ratio [OR] 3,24; intervallo di confidenza al 95% [IC 95%] 1,99-5,28), confermando la letteratura che descriveva la nuova variante come più virulenta.

 

L’11,6% dei 2.888 nati vivi della coorte è stato ricoverato in terapia intensiva (25,7% durante la circolazione del virus originario e 30,0% durante il periodo a predominanza della variante Alfa in presenza di polmonite della mamma), mentre il tasso di natimortalità è stato pari allo 0,7%. Il ricorso al taglio cesareo (TC) (34,1%) è stato simile a quello rilevato dal Certificato di Assistenza al Parto prima della pandemia (31,8% nel 2019).

 

Sono stati pubblicati anche i risultati relativi allo studio dei campioni microbiologici e delle placente di donne SARS-CoV-2 positive durante la gravidanza tra il 25 febbraio e il 30 giugno 2021. Grazie all’individuazione di laboratori di riferimento in ognuna delle regioni partecipanti (Lombardia, provincia autonoma di Trento, Emilia-Romagna, Toscana, Campania per la microbiologia; Piemonte, Liguria, Lombardia, provincia autonoma di Trento, Emilia-Romagna, Toscana, Campania per l’anatomia patologica) e alla condivisione di protocolli comuni per la raccolta, conservazione e analisi dei campioni prelevati, è stato possibile raccogliere e analizzare il più ampio numero di campioni biologici prelevati in Italia.

 

Nel materiale biologico prelevato alle 1.086 donne arruolate, la positività al SARS-CoV-2 (tamponi vaginali in gravidanza e al parto, tampone rettale e placentare) è risultata molto bassa interessando quote comprese tra lo 0,7% dei tamponi vaginali in gravidanza e l’8,4% dei tamponi rettali. Rispettivamente, il 45,2% dei campioni di sangue materno raccolto in gravidanza e il 39,7% di quelli raccolti al parto sono risultati positivi alle immunoglobuline G (IgG). Nei neonati è risultato positivo solo lo 0,8% dei tamponi nasofaringei, senza evidenziare un peggioramento delle condizioni feto-neonatali. Al contrario è risultato positivo alle IgG il 50,5% dei campioni di sangue prelevati nei neonati al parto. In linea con la letteratura internazionale, è stata quindi confermata la rarità della trasmissione materno-fetale e il buon passaggio attraverso il cordone ombelicale degli anticorpi materni, rafforzando, indirettamente, l’importanza della vaccinazione in gravidanza, con il duplice beneficio di proteggere dal virus anche i neonati sotto i 6 mesi di età, ad oggi ancora esclusi dalla vaccinazione. La massima risposta anticorpale materna durante la gravidanza (oltre il 70% di positività alle IgG) è stata registrata tra 15 e 30 giorni dall’infezione, mentre nei sieri prelevati al momento del parto sia nella mamma che nel neonato la massima risposta è stata rilevata per entrambi tra 31 e 60 giorni dalla diagnosi di infezione (anche in questo caso con oltre il 70% di positività alle IgG).

 

La quasi totalità delle 975 placente prese in esame non ha evidenziato alterazioni attribuibili specificatamente al SARS-CoV-2, mentre il 62,5% mostrava segni di infiammazione di vario grado. L’infiammazione placentare è risultata significativamente più diffusa tra le donne con cittadinanza non italiana e tra quelle che hanno contratto l’infezione durante la fase caratterizzata dalla variante Alfa.

 

Dopo un’interruzione della raccolta dati tra il 1° luglio e il 31 dicembre 2021, è stata condotta una seconda rilevazione nel periodo tra gennaio a maggio 2022. L’ultima pubblicazione si è concentrata sugli effetti della vaccinazione sulla protezione dalla malattia moderata o grave. La vaccinazione in gravidanza è stata raccomandata nelle donne a rischio di malattia grave a partire da gennaio 2021, da settembre 2021 a tutte le donne in gravidanza a partire dal secondo trimestre di gestazione e da ottobre 2022 a tutte le donne in qualsiasi momento della gravidanza. Complessivamente, nel periodo gennaio-maggio 2022 caratterizzato dalla predominanza della variante Omicron, sono stati analizzati i dati relativi a 2147 donne con diagnosi di infezione entro 7 giorni dal ricovero per cui era nota l’informazione sulla vaccinazione. Tra esse, l’1,5% ha presentato una diagnosi di polmonite da COVID-19 con al più ossigeno-terapia (infezione moderata) e lo 0,4% ha richiesto supporto ventilatorio meccanico e/o ricovero in terapia intensiva (infezione grave). L’occorrenza di sviluppare una infezione moderata o grave nelle donne non protette da vaccinazione anti COVID-19 è risultata pari a quasi tre volte quello delle protette (OR 2,78; IC 95% 1,39-5,57). Le donne non protette dalla vaccinazione erano poco più della metà di quelle incluse nello studio, più spesso di età <30 anni, meno istruite e con cittadinanza non italiana. Nei casi di malattia moderata o grave si è osservata una più alta percentuale di parti prima della 37esima settimana (32,0% vs 8,4%) e di TC (52,0% vs 31,6%).

 

Infine, sono state aggiornate le informazioni relative all’assistenza alla nascita nelle diverse fasi pandemiche, attraverso l’analisi dei dati relativi a 5.360 donne che hanno partorito con diagnosi di positività al virus entro 7 giorni dal ricovero durante i 21 mesi di raccolta dei dati (contributo accettato per la pubblicazione all’interno del rapporto Osservasalute 2022). Complessivamente, il 37,5% delle donne ha avuto vicino a sé una persona di fiducia durante il travaglio-parto, con un forte decremento della percentuale durante la fase finale del virus originario (1° settembre 2020-31 gennaio 2021), in concomitanza con la rapida ripresa della circolazione del virus su tutto il territorio nazionale dopo la tregua estiva. Il contatto pelle a pelle è l’indicatore che ha registrato i livelli più bassi all’inizio della pandemia, pari al 28,1% tra i bambini nati da parto vaginale e al 4,1% da TC, seguiti da un progressivo miglioramento nelle fasi successive. Complessivamente il 70,5% e il 36,8% dei bambini nati, rispettivamente, da parto vaginale e da TC non è stato separato dalla madre alla nascita, con un incremento di circa 20 punti percentuali in caso di TC tra l’inizio e la fine della rilevazione. L’81,1% dei bambini nati da parti vaginali e il 56,4% di quelli nati con TC ha potuto condividere la stanza con la mamma durante il ricovero (rooming-in), mentre la quota di bambini alimentati con latte materno è risultata pari all’88,0% e al 71,9% rispettivamente tra i nati da parto vaginale e i nati con TC. In generale tutti gli indicatori hanno mostrato graduale miglioramento a partire dal periodo caratterizzato dalla predominanza della variante Alfa (febbraio-giugno 2021), nonostante i peggiori esiti di salute materna associati a questo ceppo virale. Tale miglioramento potrebbe essere conseguente a una migliore capacità organizzativa dei punti nascita e una maggiore sicurezza acquisita dai professionisti sanitari, anche grazie alla crescente disponibilità di evidenze scientifiche.

 

Grazie alla collaborazione con il Pensiero Scientifico Editore, tutti questi risultati, presentati attraverso webinar e convegni, sono stati al centro di un progetto finanziato dal bando per la ricerca indipendente 2020-2022 dell’Istituto Superiore di Sanità, che aveva come obiettivo quello della divulgazione scientifica a un pubblico di non esperti. Oltre alla produzione di infografiche, le varie informazioni prodotte dallo studio ItOSS sono state diffuse attraverso i canali "Senti chi parla" e “Dottore ma è vero che…?”

 

L’attivazione tempestiva della rete della sorveglianza ostetrica ItOSS ha permesso di disporre di dati nazionali di popolazione che, in occasione della pandemia, hanno sostenuto le scelte dei decisori nella formulazione delle indicazioni ad interim sulla vaccinazione in gravidanza e allattamento, hanno aggiornato i professionisti sanitari migliorando la qualità dell’assistenza e informato i cittadini facilitando scelte consapevoli. In un’ottica di salute pubblica sostenere reti di organizzazioni e professionisti sanitari in grado di raccogliere dati di popolazione e attivarsi tempestivamente anche nell’evenienza di emergenze sanitarie è un investimento di primaria importanza.

 

L’iniziativa è nata nell’ambito delle attività di ricerca di salute pubblica coordinate dal sistema di sorveglianza ostetrica ItOSS (Italian Obstetric Surveillance System) in collaborazione con la rete di presidi e professionisti sanitari che partecipano alla sorveglianza.

 

Le donne in gravidanza o in puerperio con diagnosi certa di infezione da SARS-CoV-2 vengono arruolate previa acquisizione di consenso informato.

 

Risultati preliminari dello studio

Tra il 25 febbraio 2020 (data del primo caso ostetrico in Italia) e il 30 settembre 2020 (data considerata di conclusione della prima ondata pandemica), in Italia:

  • si sono registrate 875 gravidanze di donne positive al SARS-CoV-2
  • non è stata rilevata alcuna morte materna
  • tra le 875 gravidanze, 667 donne hanno partorito
  • il tasso di incidenza dell’infezione da SARS-CoV-2 nelle 667 donne che hanno partorito è pari a 2,9 casi per 1000 parti a livello nazionale e in particolare: 5,3/1000 nel Nord; 1,6/1000 nel Centro; 0,6/1000 al Sud; 8,9/1000 in Lombardia (che ha segnalato il 53% dei casi complessivi). Bisogna sottolineare che questa variabilità geografica rispecchia la diversa circolazione del virus nel periodo in esame ed è coerente con i dati dell’indagine di siero-prevalenza condotta dell’ISTAT in collaborazione con il Ministero della Salute.

Figura: Tasso di infezioni da SARS-CoV-2 in donne che hanno partorito tra il 25 febbraio e il 30 settembre 2020 (M=667)

 

Le caratteristiche e gli esiti clinici delle 667 donne con infezione certa da SARS-CoV-2, pregressa o in atto, che hanno partorito sono simili a quelli descritti per la popolazione generale:

  • la maggior parte ha sviluppato una malattia da lieve a moderata e solo il 2% della coorte è stato ricoverato in terapia intensiva
  • complessivamente il 18,6% delle donne ha sviluppato una polmonite interstiziale da COVID-19
  • la percentuale di parti pretermine ha riguardato il 13% delle gravidanze, quasi il doppio del tasso nazionale, ma il 71% di questi casi è attribuibile alla decisione di anticipare il parto e non alla sua insorgenza spontanea
  • il tasso di tagli cesarei è stato pari al 34%, e in linea con il tasso nazionale. Questo dato evidenzia come, anche durante la fase acuta della pandemia, i clinici abbiano saputo rispettare le raccomandazioni internazionali secondo cui l’infezione da SARS-CoV-2 non rappresenta indicazione al cesareo. Inoltre, le Regioni centro meridionali hanno mantenuto l’abituale maggiore proporzione di cesarei rispetto al nord del Paese
  • il 51% delle donne ha potuto avere accanto una persona di propria scelta durante il travaglio/parto
  • il 54% dei neonati è potuto rimanere accanto alla mamma, di questi il 27% ha praticato il contatto pelle-a-pelle
  • durante il ricovero il 69% delle mamme e dei neonati hanno potuto condividere la stessa stanza (rooming-in)
  • il 76% dei neonati ha ricevuto il latte materno in modalità predominante, complementare o esclusiva.

Questi valori medi, se osservati lungo l’intero periodo della prima ondata pandemica, mostrano un andamento in miglioramento delle pratiche assistenziali del peri-partum. Infatti, a causa della mancanza di evidenze scientifiche solide nei mesi iniziali della diffusione del virus le mamme sono state più spesso separate dai propri figli al momento della nascita, mentre successivamente, anche grazie a una migliore organizzazione dell’assistenza, si nota un maggiore rispetto della fisiologia della nascita e una maggiore attenzione nel favorire il contatto madre-bambino, il rooming-in e l’allattamento. Va inoltre considerato che grazie all’avvio dello screening mediante tampone al momento del ricovero ospedaliero, da aprile è notevolmente aumentata la percentuale di donne positive ma asintomatiche e che difficilmente presentano complicazioni.

 

Le condizioni di salute dei bambini che non sono stati separati dalle madri durante il ricovero non sono peggiori di quelle dei neonati allontanati alla nascita. Al 30 settembre 2020 si sono registrate 6 morti in utero e 1 morte neonatale non riconducibili al COVID-19 e nessuna morte materna. In Lombardia, che ha segnalato oltre la metà dei casi raccolti, confrontando i tassi di mortalità in utero e neonatale stimati durante la prima ondata della pandemia con quelli rilevati negli stessi mesi del 2019, non sono emerse differenze.

 

Per concludere, i dati dello studio prospettico mostrano che, alla luce delle evidenze disponibili, la trasmissione del virus da madre a neonato sembra possibile ma molto rara e non influenzata dalla modalità del parto, dall’allattamento o dal rooming-in. Sul totale dei 681 neonati presi in esame solo 19, pari al 2,8%, sono risultati positivi al virus dopo la nascita e solo uno ha avuto complicazioni respiratorie risolte dopo ricovero in terapia intensiva.

 

Leggi e consulta

Documenti relativi allo studio

Risorse utili
  • per maggiori informazioni sulla sorveglianza ostetrica ItOSS consulta il sito dedicato.

 

Data di ultimo aggiornamento: 1 giugno 2023

Data di creazione della pagina: 19 marzo 2020

Autori: Edoardo Corsi Decenti, Michele Antonio Salvatore, Donatella Mandolini, Serena Donati - gruppo ItOSS (ISS)