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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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L’impatto della pandemia COVID-19 sulla salute mentale: l’impegno in ISS

Benché in tutti i Paesi le conoscenze sull’impatto della pandemia sulla salute mentale siano ancora limitate e perlopiù derivate da esperienze solo parzialmente assimilabili all’attuale epidemia, come quelle che si riferiscono alle epidemie di SARS o Ebola, è verosimile che la domanda di interventi psicosociali aumenterà notevolmente nei prossimi mesi e anni. L'investimento nei servizi e in programmi di salute mentale a livello nazionale, che hanno sofferto per anni di limitati finanziamenti, è quindi ora più importante che mai. Gli ultimi mesi hanno comportato molte sfide, in particolare per gli operatori sanitari, gli studenti, i familiari dei pazienti affetti da COVID-19, le persone affette da disturbi mentali e più in generale le persone che versano in condizioni socio-economiche svantaggiate, e i lavoratori i cui mezzi di sussistenza sono stati minacciati. L’impatto economico sostanziale della pandemia può infatti ostacolare oltre che i progressi verso la crescita economica anche quelli verso l’inclusione sociale e il benessere mentale. Numerosi studi mostrano che la perdita di produttività lavorativa è tra i principali determinanti della cattiva salute mentale.

 

In Italia, il Centro di Riferimento per le Scienze Comportamentali e la Salute mentale dell’ISS è stato attivo sin dalle prime fasi della pandemia sia attraverso la partecipazione e la conduzione di studi, sia attraverso indagini valutative dello stato dei servizi disponibili per la popolazione.

 

Nel tentativo di comprendere al meglio gli aspetti legati all’impatto della situazione emergenziale sulla salute mentale della popolazione, a giugno il Registro Nazionale Gemelli (RNG), gestito all’interno del Centro, ha avviato un’indagine sulla popolazione di gemelli. Tre le survey previste in un anno per valutare l’impatto sulla vita quotidiana e le ripercussioni della pandemia sull’equilibrio psico-emotivo della popolazione, inclusa la domanda di ricorso a specialisti della salute mentale. Circa 2700 gemelli adulti (età media 45 anni, 64% donne) e 878 famiglie con gemelli minorenni (età media 9 anni) hanno già partecipato allo studio e i primi risultati mostrano che la quasi totalità del campione adulto si è informata costantemente sull’andamento della pandemia utilizzando diversi canali (TV, Radio e siti istituzionali) e che un quarto dei gemelli ritiene le proprie conoscenze ampie. L’85% dei rispondenti o dei loro conviventi non ha avuto, durante il lockdown, sintomi ricollegabili a infezioni da SARS-CoV-2, mentre emerge un evidente impatto della pandemia sulla condizione di salute mentale, in termini di stress percepito e presenza di sintomi ansiosi e depressivi. Sono stati infatti osservati sintomi depressivi o da stress rispettivamente nell’11 e nel 14% del campione. I livelli di ansia invece sono risultati oltre il range di normalità nella metà circa dei soggetti esaminati. Per quanto riguarda i gemelli tra gli 11 e i 17 anni, il 16% ha dormito peggio durante il periodo di lockdown, e almeno il 75% è rimasto in contatto con gli amici tramite messaggi e/o videochiamate. Anche se solo il 4% ha mostrato una forte preoccupazione per la propria salute fisica e mentale, il 13% ha dichiarato di essersi sentito abbastanza spesso triste e l’11% di essersi sentito abbastanza spesso solo. I dati preliminari mostrano dunque come ci sia una forte variabilità nella risposta alla situazione emergenziale e un’analisi più approfondita dei dati consentirà di caratterizzare meglio tutte le informazioni raccolte e comprendere i determinanti di questa risposta.

 

Parallelamente a queste indagini, il Centro ha partecipato a uno studio coordinato dal Dipartimento di Salute Mentale dell'Università della Campania “Luigi Vanvitelli”. L’obiettivo era valutare le aree del funzionamento psicosociale, tra cui la presenza di sintomi dello spettro ansioso-depressivo, ossessivo-compulsivo e post-traumatico da stress. I risultati, ottenuti su un campione di 20.720 partecipanti, evidenziano che durante il lockdown sono aumentati i livelli di ansia, depressione e sintomi legati allo stress, soprattutto nei soggetti di sesso femminile. Inoltre, la durata dell’esposizione al lockdown ha rappresentato un fattore predittivo significativo del rischio di presentare peggiori sintomi ansioso-depressivi.

 

La promozione della salute mentale e DSM

Per quanto riguarda i servizi, nell’ambito del Gruppo di Lavoro “Salute mentale ed emergenza COVID-19”, istituito con decreto del Presidente dell’ISS ad aprile 2020, si è promosso un programma di intervento per gestire l’impatto dell’epidemia di COVID-19 sulla salute mentale e un Programma di intervento per la gestione dell’ansia e della depressione perinatale nell’emergenza e post-emergenza COVID-19. Entrambi i programmi erano mirati a garantire la presa in carico delle persone con disturbi psichiatrici o a elevato rischio di disturbi d’ansia e depressione. In particolare, per quanto riguarda il programma di salute mentale perinatale, (che comprende uno screening e un intervento precoce di dimostrata efficacia) si è proposto di adattarlo per agevolarne l’integrazione, nell’attuale situazione di emergenza, nell’ambito dei diversi programmi di intervento a livello regionale. Il Centro, inoltre, ha fornito indicazioni per la gestione dei bisogni dei familiari di pazienti ricoverati in reparti ospedalieri COVID-19.

Per quanto riguarda la presa in carico della cittadinanza in generale e la gestione dell’ansia e dello stress derivanti dall’isolamento e dalla paura delle conseguenze della pandemia, il Centro ha fatto una valutazione sullo stato dei servizi telefonici di primo e secondo livello, stilando due Rapporti che raccolgono raccomandazioni e criticità in materia importanti per la gestione di successive ondate pandemiche o per altre situazioni emergenziali.

 

Il Centro è attualmente impegnato con il ministero della Salute e le principali società scientifiche nel campo della psichiatria in un’indagine conoscitiva sul funzionamento dei servizi di salute mentale dall’inizio dell’epidemia, per verificare se ai pazienti sia stata offerta la continuità delle cure e con quale modalità. La rilevazione, che sarà rivolta a tutti i Dipartimenti di Salute Mentale sul territorio nazionale, sarà importante per riorganizzare la presa in carico e l’assistenza alla luce del permanere delle condizioni emergenziali.

 

Anche per favorire l’accesso ai servizi di salute mentale, Il Centro ha inoltre avviato una collaborazione con il ministero della Salute per l’elaborazione dell’Italian Health Equity Status Report con il coordinamento dell’Ufficio OMS di Venezia. Fattori quali una minore istruzione, un’occupazione di bassa qualità, la povertà e le conseguenti disuguaglianze di reddito possono avere impatto sulla salute mentale perché influenzano l'accesso ai servizi sia a scopo di prevenzione sia per il trattamento degli episodi acuti.

 

HEROES: lo studio sugli operatori sanitari

Il Centro è stato anche parte del comitato promotore italiano dello studio “The COVID-19 HEalth caRe wOrkErS (HEROES) study”, un progetto di ricerca internazionale che ha coinvolto i cinque continenti attraverso una rete collaborativa di quasi 40 Paesi, mirato a mettere in risalto le difficoltà e i problemi incontrati dagli operatori sanitari, supportare il loro ruolo, e produrre risultati che possano indirizzare azioni e politiche di sostegno rivolte agli operatori stessi e alla riorganizzazione dei servizi.

 

Il ruolo del Centro di Riferimento per le Scienze comportamentali e la Salute mentale

Il ruolo del Centro in questo campo è quello di fornire sostegno metodologico e pratico agli aspetti di coordinamento, organizzazione e valutazione dei programmi di intervento psicosociale, specialmente di prevenzione primaria e intervento precoce, integrazione sociale e lavorativa delle persone con disabilità nel contesto del tessuto sociale, sostegno alle famiglie, e lotta allo stigma. In particolare, il Centro è impegnato nella validazione di interventi community-based ispirati ai principi della personalizzazione della cura e della partecipazione attiva nella società, come ad esempio programmi di inclusione sociale e lavorativa in ambito agricolo (agricoltura sociale) o interventi mirati all’inclusione sociale e al benessere fisico e mentale della persona con disabilità attraverso l’attività fisica e sportiva. L’ attività di ricerca di base del Centro sul ruolo dell’ambiente (fisico e sociale) come determinante di salute (effetti del contatto con la natura e dei rapporti sociali) ha trovato e trova particolare applicazione in un momento in cui la pandemia ha cambiato gli ambienti di vita della persona (confinamento a casa, distanziamento sociale), con molteplici impatti sulla salute mentale.

 

Risorse utili

 

Data di creazione della pagina: 15 ottobre 2020

Testo scritto da: Sonia Brescianini, Gemma Calamandrei, Francesca Cirulli, Antonella Gigantesco, Emanuela Medda, Gabriella Palumbo, Angelo Picardi, Maria Antonietta Stazi e Aldina Venerosi - Centro di riferimento per le scienze comportamentali e la salute mentale, ISS