COVID-19: vivere insieme la nascita
La presenza in ospedale dei padri o della persona a scelta della donna
Dall’inizio della pandemia, per rispondere alle emergenti esigenze di riorganizzazione della rete assistenziale del percorso nascita, si è resa necessaria una revisione dei percorsi di presa in carico delle donne in gravidanza, delle madri, dei padri e dei neonati. La pressione epidemiologica iniziale, soprattutto nelle aree più colpite del Paese, ha portato i servizi sanitari a definire percorsi assistenziali basati sulla disponibilità organizzativa e logistica del momento. Inoltre, nella fase iniziale dell’epidemia COVID-19 tra gennaio e marzo 2020, le evidenze scientifiche a supporto di tali decisioni erano ancora scarse e non sempre univoche. Attualmente la letteratura a disposizione, benché limitata, indica in maniera più consistente quali siano le pratiche clinico-assistenziali adeguate alla presa in carico del percorso nascita in donne con infezione sospetta o confermata da virus SARS-CoV-2.
La presenza del padre, o di una persona a scelta della donna (accompagnatore), durante il travaglio, il parto e la degenza ospedaliera è un aspetto organizzativo che compete alle singole strutture sanitarie. Attualmente vi è molta variabilità tra presidi sanitari anche all’interno delle stesse Regioni, nonostante le evidenze sugli effetti positivi (benessere e sicurezza della donna) legati alla presenza di una persona di fiducia durante il parto siano oramai consolidate.
Le Agenzie internazionali hanno espresso generale consenso sul fatto che una persona a scelta della donna debba essere presente, se lo desidera, nel rispetto di una serie di condizioni organizzative.
Il Royal College of Obstetricians and Gynaecologists (RCOG), in collaborazione con il Royal College of Midwives UK, il Royal College of Paediatrics and Child Health, il Royal College of Anaesthetists, e l’Obstetric Anaesthetists' Association, nell’aggiornamento del 17 aprile del documento per i professionisti sanitari “Coronavirus (COVID-19) infection in pregnancy” [1], riporta una serie di indicazioni sulla presenza del “birth partner” durante il travaglio e il parto. Le donne dovrebbero essere incoraggiate ad avere una persona di propria scelta presente durante il travaglio e il parto e i presidi sanitari dovrebbero consentire l’accesso di un’unica persona, asintomatica, che possa stare con la donna almeno per il travaglio e il parto, a meno che non si renda necessaria l’anestesia generale.
Al momento dell’accesso alla maternità, alla donna dovrebbe essere chiesto se lei o la persona che l’accompagna abbiano avuto sintomi suggestivi di COVID-19 nei sette giorni precedenti. Nel caso in cui questa persona abbia presentato sintomi, non le sarà possibile accedere e alla donna dovrebbe essere suggerito di scegliere qualcun altro come supporto. Questa verifica è essenziale per la protezione dal rischio di infezione del personale sanitario, delle altre donne e dei neonati. I sintomi da rilevare comprendono febbre, tosse persistente, congestione e secrezione nasale, difficoltà respiratoria, mal di gola, respiro sibilante o starnuti. Una volta accolto, l’accompagnatore deve ricevere istruzioni chiare sulla necessità di rimanere a fianco della donna senza spostarsi all’interno del reparto/ospedale e su ciò che potrebbe accadere nel caso gli fosse richiesto di accompagnare la donna in sala operatoria (ad es. in caso di taglio cesareo). Questo colloquio iniziale è particolarmente importante date le difficoltà di comunicazione che vive il personale quando indossa i DPI. Per i visitatori esterni, al contrario della persona scelta dalla donna, valgono le regole definite dall’ospedale e i Royal Colleges inglesi suggeriscono un approccio restrittivo.
Nelle infografiche proposte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità [2], riprese e adattate dall’Istituto Superiore di Sanità [3] si richiama al diritto di tutte le donne a vivere un’esperienza positiva del parto, indipendentemente dall’infezione COVID-19. Le indicazioni sono tratte dai documenti di indirizzo OMS relativamente all’assistenza intrapartum [4] e raccomandano la presenza di una persona a scelta della donna durante il travaglio e il parto, quale elemento essenziale per il benessere delle donne.
L’Agenzia di Salute Pubblica canadese informa le donne sulla possibilità di avere una singola persona di sostegno durante il parto che, in analogia con i RCOG, non è considerata un visitatore e quindi non è soggetta alle restrizioni previste per gli esterni [5]. Anche il Center for Disease Control and Prevention statunitense suggerisce di limitare i visitatori a quelli necessari per il benessere fisico ed emotivo e per l’assistenza alle persone ricoverate, come il care partner [6].
In un documento del 27 aprile, l’Ordine Nazionale degli Ostetrici e Ginecologi francesi [7] (CNOGF) riprende le indicazioni dei RCOG specificando in maniera dettagliata le procedure da rispettare. Tra queste ci sono la ricerca di sintomi suggestivi di infezione, la rigorosa limitazione degli spostamenti del partner all’interno della struttura (compreso l’accesso a servizi igienici) e la predisposizione di alimenti da casa in caso di indisponibilità di servizio di ristorazione sul posto. Al momento dell’accettazione della coppia in ospedale è prevista l’offerta di informazioni sulle misure di prevenzione con dimostrazione pratica da parte di un operatore/operatrice sanitaria dell’uso della soluzione alcolica per la disinfezione delle mani e del posizionamento della mascherina. Il partner si impegna a rimanere “confinato”, nella sala travaglio e parto (o sala operatoria) per tutta la durata della sua presenza, riducendo al minimo le uscite. Nel caso in cui la degenza si prospetti breve, gli ostetrici francesi suggeriscono che il padre/accompagnatore rimanga ricoverato insieme alla mamma e al bambino per tutto il periodo del ricovero. La presenza del padre/accompagnatore h24 durante la degenza è limitata alla disponibilità di stanze singole. Qualora ciò non fosse possibile, il CNOGF indica alcune misure alternative, da adottare sulla base dell’organizzazione e della logistica delle strutture.
In Italia, dai resoconti dei media e da quanto riferito dai professionisti sanitari, come riportato anche dal ministero della Salute [8], emerge una grande variabilità rispetto all’accoglienza nelle unità di ostetricia del padre o di una persona a scelta della donna durante il travaglio, il parto e la degenza ospedaliera. Per le donne COVID-19 sospette o positive, la presenza dell’accompagnatore durante il travaglio, il parto e la degenza talvolta non è prevista, in altri casi, sul modello delle raccomandazioni delle agenzie internazionali, è subordinata al rispetto delle misure di screening all’ingresso, delle misure di prevenzione primaria (come l’uso della mascherina e il rispetto dell’igiene delle mani) e all’applicazione di una rigorosa limitazione degli spostamenti all’interno della struttura. In alcuni casi l’esclusione della presenza dell’accompagnatore è prevista anche per la normale gestione del parto delle donne COVID-19 negative, una scelta che al momento non è supportata da evidenza scientifica. In un documento le tre società scientifiche della ginecologia italiana (SIGO, AOGOI, AGUI), la Federazione Nazionale degli Ordini della Professione di Ostetrica (FNOPO) e la Società Italiana di Neonatologia (SIN) riprendono in parte le raccomandazioni dell’OMS e definiscono “auspicabile la presenza del partner (o in sua assenza persona di fiducia della donna) in travaglio e durante il parto, dopo adeguato triage clinico-anamnestico con rispetto delle distanze ed utilizzo dei DPI” [9].
Conclusioni
L’esperienza della gravidanza, della nascita e dell’allattamento sono elementi fondanti della genitorialità consapevole, della Nurturing Care e della promozione della salute delle madri, dei padri e dei bambini e bambine [10,11]. La presenza del padre o di una persona a scelta della donna per il travaglio, il parto e il post partum e, qualora possibile, durante la degenza ospedaliera dovrebbe essere garantita e regolamentata dalle singole strutture sanitarie tenendo conto degli aspetti organizzativi e logistici imposti dall’evoluzione locale dell’epidemia. Le donne e le famiglie dovrebbero essere informate circa le pratiche assistenziali inerenti l’accesso del padre o della persona scelta adottate dai diversi punti nascita.
Riferimenti bibliografici
- Royal College of Obstetricians and Gynaecologists, The Royal College of Midwives UK, Royal College of Paediatrics and Child Health, Royal College of Anaesthetists & Obstetric Anaesthetists’ Association. Coronavirus (COVID-19 ) Infection in Pregnancy Information for healthcare professionals. Version 8: Published Friday 17 April 2020.
- WHO infographics. Pregnancy, Childbirth, breastfeeding and COVID-19. (April 2020)
- https://www.epicentro.iss.it/...
- WHO recommendations: intrapartum care for a positive childbirth experience. Geneva: World Health Organization; 2018. Licence: CC BY-NC-SA 3.0 IGO.
- Public Health Agency Canada. Coronavirus disease (COVID-19) pregnancy, childbirth and caring for newborns: advice for mothers. 27 aprile 2020
- CDC. Considerations for Inpatient Obstetric Healthcare Settings. 6 aprile 2020.
- CNGOF - Collège National des Gynécologues et Obstétriciens Français. Position du CNGOF sur la présence d’un accompagnant en maternité dans le contexte de covid-19. 27 avril 2020.
- Ministero della Salute. News e Media. Il Covid-19 non lascia i papà fuori dalla sala parto. 16 aprile 2020.
- SIGO, AOGOI, AGUI, FNOPO, SIN. Gravidanza e parto in epoca COVID-19: consigli pratici. 24 aprile 2020.
- G. Tamburlini. Interventi precoci per lo sviluppo del bambino: razionale, evidenze, buone pratiche. Medico e Bambino 2014;33(4):232-239
- World Health Organization, United Nations Children’s Fund, World Bank Group. Nurturing care for early childhood development: a framework for helping children survive and thrive to transform health and human potential. Geneva: World Health Organization; 2018. Licence: CC BY-NC-SA 3.0 IGO.