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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Differenze di genere: i Caregiver familiari

Stime non ufficiali indicano che in Italia sono più di 3 milioni i Caregiver familiari (CF), ovvero le persone che in maniera gratuita e continuativa si prendono cura di familiari non autosufficienti o con patologie croniche invalidanti. In Italia, come nel resto del mondo, il 65% dei CF sono donne di età compresa tra i 45 e i 55 anni, che spesso svolgono anche un lavoro fuori casa o che sono state costrette ad abbandonarlo (nel 60% dei casi) per potersi dedicare a tempo pieno alla cura dei familiari [1,2]. Nel nostro Paese, la figura del CF, purtroppo, a differenza di altri Paesi europei, non è ancora stata riconosciuta a livello legislativo, anche se è opportuno sottolineare che nel 2018 è stata presentata in Parlamento una legge volta a valorizzare e tutelare proprio questo tipo di attività di cura [3]. Con una così alta prevalenza di donne a ricoprire la funzione di Caregiver familiare è importante considerare le differenze di genere, che possono avere importanti ripercussioni sulla salute dei singoli individui.  Le differenze di genere si basano sia sulle caratteristiche sesso-specifiche, ad esempio quelle biologiche, fisiche e fisiologiche, che sul ruolo sociale, ovvero l’identità, l’espressione e il comportamento che la persona assume nel contesto socio-culturale in cui vive.

 

La salute dei Caregiver familiari

Le conseguenze dell’elevato carico assistenziale a cui sono sottoposti i CF e dello stress che ne consegue, spesso si ripercuotono negativamente sulla salute e sul benessere di queste persone. Infatti, non sono pochi coloro i quali presentano disturbi, quali depressione e ansia, disturbi del sonno e fisici, come dolori all’apparato muscolo-scheletrico. Inoltre con una certa frequenza i CF riferiscono l’aggravarsi della sintomatologia di malattie preesistenti o, addirittura, l’instaurarsi di patologie di tipo metabolico e cardiovascolare [4]. E in effetti la salute percepita dai CF è più scarsa rispetto alla popolazione generale. Proprio in riferimento a questo, la popolazione dei CF potrebbe risultare particolarmente vulnerabile durante la pandemia COVID-19, sia perché maggiormente esposta al rischio di contagio, in quanto i soggetti a cui i CF prestano le cure appartengono spesso alle categorie più colpite da COVID-19, almeno in Italia, ovvero gli anziani ultra60enni, sia perché la presenza di patologie preesistenti, come le malattie cardiovascolari e l’ipertensione, o l’obesità e le malattie metaboliche, rappresentano nell’infezione da SARS-CoV-2 importanti fattori di rischio per lo sviluppo di forme gravi e addirittura letali associate a COVID-19.

 

Inoltre, poiché lo stesso virus SARS-CoV-2 può causare l’insorgenza di una malattia cardiovascolare (attraverso il legame al recettore ACE2, espresso oltre che nei polmoni anche nel cuore, dove contribuisce alla regolazione della funzionalità cardiaca) la popolazione dei CF è doppiamente a rischio di progressione fatale da COVID-19.

 

Le differenze di genere nei Caregiver famigliari

Le osservazioni della ricerca scientifica indicano che nella popolazione dei CF esistono differenze genere-specifiche di salute, più evidenti rispetto a quelle presenti nella popolazione generale e, almeno in parte, dovute ai fattori stressanti legati alla attività di cura. Rispetto alla popolazione generale, la prevalenza della depressione e la percezione di una scarsa salute generale è maggiore nelle CF donne rispetto ai CF uomini.

 

È noto che ciascun individuo reagisce in maniera differente alle situazioni stressanti, ma è anche risaputo che, quando si supera una certa soglia, lo stress può avere effetti negativi sulla salute. In particolare le donne rispondono peggio degli uomini a situazioni di stress, probabilmente a causa del fatto che la strategia femminile di risposta è legata all’emotività, mentre nell’uomo prevale una risposta pragmatica. Inoltre, la capacità di reagire positivamente allo stress nelle CF donne è maggiormente influenzata dalla mancanza di un adeguato supporto sociale, sia informale che istituzionale.

 

Nell’attuale situazione di emergenza da COVID-19, possiamo ragionevolmente ipotizzare che l’ulteriore stress, sommato allo stress cronico e accompagnato dalla mancanza dei supporti di sostegno sociale e sanitario di cui l’assistito normalmente beneficia, possa portare a un peggioramento generale della qualità di vita dei CF, in particolare donne, con conseguenze sulla salute sia mentale che fisica [4,5,6]. Infatti, con l’emergenza della pandemia da COVID-19, i CF, in modo particolare le donne, hanno dovuto affrontare situazioni specifiche imprevedibili con un aggravio di stress. In particolare, alla già faticosa attività di cura e assistenza del familiare non autosufficiente, si sono aggiunte nuove problematiche come la presenza dei figli a casa per la chiusura delle scuole e la convivenza forzata in casa con i familiari, magari usufruendo di spazi ristretti e per più ore del solito. Non meno importanti gli aspetti correlati al proprio lavoro, difficile da conciliare con le incombenze familiari, o al contrario la perdita del lavoro con l’incertezza del futuro lavorativo e una situazione di difficoltà economica e di esiguità di risorse per poter affrontare l’emergenza. Un’ulteriore problematica per i CF è rappresentata dalla sospensione a tempo indefinito dei supporti socio-sanitari a favore dell’assistito come assistenza domiciliare, centro diurno e terapie. Inoltre, il CF ha la preoccupazione di poter contagiare il familiare convivente, con l’eventuale prospettiva del ricovero ospedaliero o l’isolamento a casa, nonché del maggior rischio di esiti nefasti legati al COVID-19, ma anche la preoccupazione di ammalarsi lui stesso di COVID-19, di non poter più assistere il proprio familiare e di dover essere sostituito senza preavviso. Tutti elementi che possono costituire un’ulteriore fonte di stress per il CF.

 

Situazioni di particolare emergenza sono quelle delle famiglie con un familiare con disabilità intellettiva, come nel caso dei disturbi del neurosviluppo, che devono fare i conti con la non collaboratività dell’assistito e le difficoltà di gestione in casa, soprattutto in assenza delle consuete attività sociali/riabilitative, indispensabili per la vita quotidiana di queste persone.

 

Anche per i CF, oltre che per la popolazione generale, la disaggregazione dei dati relativi a sesso e età, così come altri indicatori chiave, devono essere considerati prioritari in tutte le raccolte di dati, le analisi e i rapporti. I CF, infatti, offrono al ricercatore un modello di studio utile per osservare il rapporto tra lo stress e le malattie in generale, inclusi gli effetti sullo stress dell’infezione da COVID-19.

 

Nella fase emergenziale, così come nella fase post-emergenziale, è auspicabile dunque che venga assicurata una programmazione di aiuti istituzionali efficaci, al fine di tutelare la salute delle persone disabili e malate non autosufficienti, ma anche la salute di chi si prende cura di queste persone, specialmente delle donne.

 

Riferimenti bibliografici
  1. Istat
  2. Osservatorio Onda
  3. Legge 205 del 27 dicembre 2015.
  4. Petrini M, Cirulli F, D'Amore A, Masella R, Venerosi A, Carè A.“Health issues and informal caregiving in Europe and Italy”. Annali ISS 2019, 55(1):41-50. doi: 10.4415/ANN_19_01_08.
  5. Pinquart M, Sörensen S. Gender differences in caregiver stressors, social resources, and health: an updated metaanalysis. J Gerontol B Psychol Sci Soc Sci. 2006;61(1):3345-
  6. Lutzky SM, Knight BG. Explaining gender differences in caregiver distress: the roles of emotional attentiveness and coping styles. Psychol Aging. 1994;9(4):513-9.

Altre risorse utili per Caregiver familiari ed emergenza COVID-19

 

Data di creazione della pagina: 13 maggio 2020

Autori: Marina Petrini e Antonio D’amore - Centro di riferimento per la Medicina di Genere, ISS