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Servizi per le dipendenze (SER.D.) durante l’emergenza COVID-19

Servizi per le dipendenze (SER.D.) durante l’emergenza COVID-19

Il Centro nazionale Dipendenze e Doping ha realizzato un’indagine per capire se la pandemia da COVID-19 ha modificato il modo di lavorare all’interno dei Servizi per le Dipendenze (Ser.D.), e le eventuali mutate dinamiche relazionali con pazienti in trattamento. Per farlo ha collaborato con alcuni professionisti della Società italiana patologia da dipendenza (SIPaD) che operano da anni all’interno dei Ser.D.

 

Il focus è stato capire se, a causa del virus, fossero stati attivati nuovi percorsi di cura, fossero state assunte diverse forme di comunicazione e se avessero modificato i tempi dell’affidamento domiciliare del farmaco. Di seguito le principali osservazioni sulla delle persone affette da disturbo da uso di sostanze.

 

Sono più vulnerabili e a rischio di infezione da COVID-19? 

La risposta è sicuramente sì. Ancor di più se si tratta di pazienti con altre patologie croniche. Mentre alcuni accorgimenti legislativi e sanitari stanno mostrando la loro efficacia nel contenimento del rischio per pazienti e operatori sanitari, si affacciano altre problematiche, conseguenti la pandemia, alle quali i Ser.D. devono prepararsi.

 

I medici dei Ser.D., pur se non pneumologi o infettivologi, sono consapevoli di quanto sia complesso il quadro clinico dei pazienti con disturbo da uso di sostanze a causa dell’articolata clinica delle patologie correlate e delle complicanze della patologia primaria che incidono fortemente anche sull’esasperato stile di vita che caratterizza tale popolazione.

 

I pazienti spesso presentano problematiche respiratorie, diabete, ipertensione, obesità, ma anche endocarditi, flebiti e arteriti e, in casi gravi, sindromi da immunodeficienza ed epatopatie.

 

Ci sono persone che destano maggior preoccupazione?

I pazienti con disturbo da uso di oppioidi sono più vulnerabili verso le infezioni virali e batteriche. Si tratta di una conseguenza degli effetti che l’eroina ha sul sistema immunitario e delle abitudini promiscue presenti nella loro storia personale dei consumatori di eroina. L’invecchiamento rappresenta un ulteriore fattore di vulnerabilità. Sia in Italia che nel mondo si osserva, infatti, che la fascia di età maggiormente esposta alle complicanze gravi della polmonite da COVID-19 va dai 50 anni in su, pur non risparmiando i più giovani. E quest’ultima considerazione ci dà ulteriormente il polso dei rischi che possono correre i pazienti più “anziani”.

 

A livello farmacologico quale strada viene percorsa?

Da molti anni grazie alle terapie con i farmaci agonisti e agonisti parziali (metadone e buprenorfina/naloxone) i Ser.D. hanno raggiunto l’obiettivo terapeutico di ridurre la mortalità e di aumentare l’aspettativa di vita. Oggi vi è una quota maggiore di pazienti di oltre 40 anni per i quali, già da tempo, si discute di integrazione con interventi specialistici che prendano in considerazione anche i disturbi cronici tipici dell’età avanzata. Sarebbero utili approfondimenti e studi epidemiologici sul numero dei possibili soggetti contagiati dal coronavirus nei Ser.D, così come protocolli e linee guida sui farmaci utilizzabili o sulle misure preventive da attivare in base alle caratteristiche dei pazienti in carico ai Servizi.

 

Per i dipendenti da eroina?

I pazienti con disturbo da uso di eroina, in Italia ormai sono in carico da anni nei Ser.D. e hanno un rapporto continuativo con i servizi stessi. La maggior parte di loro, in linea con le varie linee guida internazionali, sono in trattamento integrato con farmaci long acting che possono essere, per legge, dati in affido. Nella maggior parte dei Ser.D. italiani, i professionisti che vi operano hanno ritenuto etico e utile prolungare l’intervallo di affidamento del farmaco, anche in base alla nota AIFA dell’11/03/ 2020 sulle: “misure transitorie relative alla proroga dei piani terapeutici in tema di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” e così la maggioranza dei nostri pazienti è potuta e può tuttora restare a casa.

 

Come ha retto il sistema all’impatto della pandemia?

Si è riuscito a evitare che tanti pazienti con disturbo da uso di sostanze si contagiassero e, soprattutto, contagiassero altre persone. Questo anche in ragione del fatto che oggi i Ser.D non sono solo dedicati a pazienti con disturbo da uso di eroina ma a questi si rivolgono, anche in misura cospicua, alcolisti, dipendenti e assuntori di cocaina e/o altre sostanze psicostimolanti e soggetti con disturbo da gioco d’azzardo.

 

Esiste, dunque, un reale problema di “tossicodipendenza e infezione da Coronavirus”?

I professionisti che lavorano nei servizi credono di sì e che sia anche molto impegnativo ma lo attribuiscono più alle problematiche che riguarderanno la fase 2, come la ripresa della circolazione delle persone, che determina l’inevitabile ricerca delle sostanze d’abuso nelle piazze di spaccio e il possibile consumo in gruppo. Un altro aspetto da considerare, e che rappresenta un serio fattore di vulnerabilità per lo sviluppo del disturbo da uso di sostanze, potrebbe essere rappresentato dalla crisi economica e sociale che potremmo trovarci ad affrontare.

 

Approfondimenti e strumenti di supporto

Data di ultimo aggiornamento: 3 giugno 2021

Data di creazione della pagina: 15 maggio 2020

Autore: Paolo Berretta - Centro nazionale dipendenze e doping, ISS con il contributo di Claudio Leonardi, Francesco Auriemma - Società Italiana Patologia da Dipendenza (SIPaD)